sabato 22 maggio 2010

La donazione di Palizzi alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma

I retroscena e le scelte del pittore. Nel 1911 molte opere vennero rimosse: una vera vergogna.



Nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, dove è presente la più grande collezione d’arte moderna italiana, è presente una sala denominata “Sala Palizzi” che ospita le opere donate dal pittore vastese.
Nel 1890 dal Ministro della Pubblica Istruzione fu chiesto al pittore vastese un quadro da collocare nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna in Roma, per la somma di diecimila lire. Ma il pittore vastese non aveva un’opera pronta, allora offrì in cambio i suoi studi. Circa trecento opere accompagnate da una targa che diceva: “Dal mio studio in Napoli ho recato a Roma questi miei studi e li ho qui disposti in ordine cronologico per semplice dimostrazione della fede e amore immensi che sempre portai nelle lunghe e laboriose ricerche dell’Arte. Vorrei rinascere per ricominciare. Roma, giugno 1892”.
La ricca donazione di Filippo Palizzi costituisce la prima grande donazione effettuata da un pittore, ed anche uno dei primi nuclei collezionistici della Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Sono circa trecento le opere donate tra dipinti, studi, bozzetti provenienti dal suo studio napoletano. Le opere esposte sono organizzate per gruppi tematici: costumi popolari, con figure di contadini e pastori abruzzesi, soggetti di animali, come interni di stalle, con animali e contadini, o semplici ritratti di animali domestici ed esotici e numerosi studi di cavalli, ed ancora piante e scene campestre, soggetti risorgimentali, come l’eccezionale Ettore Fieramosca, o gli avvenimenti storici che trovano riscontro nei bozzetti di gruppi di soldati come Studio di garibaldini e Due tamburini, ed anche scene di battaglia come La cascina della Cavalchino e Il colonnello Enrico Strada.
Tra gli altri quadri presenti nella sala la monumentale Foresta di Fontainebleau, del fratello Giuseppe, ed altre opere di notevole interesse di pittori quali Anton Sminck Pitloo, Giacinto Gigante e Edoardo Dalbono.
Non tutte le opere donate rimasero esposte nella Sala Palizzi. Verso il 1911 in seguito ad un riordinamento delle sale, molte opere vennero rimosse: una vera vergogna denunciata da più parti. “Non accade sovente di poter seguire un artista, passo passo, nella sua lenta e trionfale ascensione”, scriveva l’abruzzese Ermindo Campana nel 1931, “Eliminare pochi o molti pezzi significa spezzare quella unità spirituale che il munifico donatore aveva avuto cura di mostrarci. Se una eliminazione era da fare, il Palizzi l’avrebbe fatto egli stesso; ma egli non intendeva esporre capolavori. A gioia e a conforto degli altri artisti, egli intendeva mostrare i frutti delle sue fatiche, delle sue angosce, delle sue correzioni. Fu la sua, una confessione. Rispettiamola. E siamo grati al Maestro che della sua probità e sincerità volle lasciarci un esempio incomparabile”. La polemica è rafforzata dal fatto che Filippo Palizzi, con pazienza da certosino aveva disegnato delle minuscole riproduzioni dei 256 soggetti delle opere donate. E conclude ancora critico il Campana “Forse gli egregi riordinatori di Roma non pensavano che a Napoli si conservasse una fedele riproduzione della sala, quale era stata voluta e ordinata dal Maestro”.
Altre donazioni importanti fatte da Filippo Palizzi riguardano quella per l’Accademia di Belle Arti di Napoli e quella per Vasto, sua città natale, ma di questo ne parleremo in altre occasioni.
Lino Spadaccini




La sala Palizzi oggi



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