sabato 12 maggio 2012

Gabriele Smargiassi tra Napoli Parigi e Londra


Veduta di Vasto, Gabriele Smargiassi
di Lino Spadaccini
Centotrenta anni fa, il 12 maggio 1882, moriva a Napoli il grande pittore vastese Gabriele Smargiassi.
Il suo quadro più rappresentativo a cui i vastesi sono più legati, è senz’altro la splendida Veduta di Vasto: un piccolo olio su tela che ci offre uno spaccato della nostra città nella prima metà dell’Ottocento. Nel quadro spiccano alcuni simboli della città come Palazzo Palmieri, la Torre di Bassano, la chiesa di S. Maria Maggiore, Palazzo d’Avalos e Casa Rossetti, quest’ultimo contrassegnato dall’artista con un “GR”, in omaggio al poeta e patriota esule a Londra Gabriele Rossetti.
Gabriele Smargiassi

Sui due illustri concittadini, lo storico Luigi Anelli, nel suo libro “Origine di alcuni modi di dire popolari nel dialetto vastese”, ricorda un loro simpatico incontro. Siamo negli anni ’30 (1830 ndr), il pittore vastese si trova nella capitale inglese per partecipare all’Esposizione Universale con alcuni suoi quadri e approfitta dell’occasione per fare una visita all’amico, che
non vede da tanti anni. Giunto a casa Rossetti, davanti al cameriere che gli va ad aprire la porta gli chiede: “Šta Gabbrijèle?”. Il cameriere ovviamente non capisce e Smargiassi, indispettito, alzando la voce ripete: “Li capësce ca vajje truvànne Gabbrijèle Rusciätte?”. Il Rossetti, sentendo il suono familiare del suo dialetto, dall’interno della stanza risponde: “Trasce, frate sê’ ca štingh’ aècche”.
L’incontro tra i due vastesi viene ricordato, molti anni dopo da William Michael Rossetti, nei suoi Ricordi (Some Reminiscences): “Devo ammettere che la nostra abitazione era arredata con pochi oggetti d’arte decorativi”, scrive il figlio del poeta vastese, “ma a partire proprio dal 1837 essa si arricchì di alcune opere di valore quando un pittore vastese di fama locale, Gabriele Smargiassi, ci venne a trovare per trascorrere alcuni giorni con il suo concittadino e vecchio amico Rossetti, offrendo in dono a mia madre due piccoli dipinti ad olio – uno rappresentante la città marinara di Vasto e l’altro la Grotta Azzurra di Capri”.
L’amicizia tra i due illustri vastesi è testimoniata anche dalla presenza di alcune lettere molto interessanti. In particolare, in una di queste, il pittore vastese riferisce di due viaggi in Abruzzo accompagnato da un resoconto dettagliato della situazione dei familiari del Rossetti. “Sono tornato due volte in Abruzzo”, scrive Gabriele Smargiassi, “ho rivisto la nostra cara Patria, la quale è molto abbellita; io l’ho dipinta da due punti ed appena avrò un po’ di tempo, vi manderò la copia di uno dove ci è la vostra casa e la mia”.
Gabriele Smargiassi nasce a Vasto il 22 luglio 1798 da Nicola e da Felicia Ciavatta. Sembra destinato alla vita ecclesiastica, spinto da uno zio prete, ma lui non ne vuole sapere e, seguendo il proprio istinto e la sua vera vocazione, all’età di 19 si reca a Napoli per studiare pittura, entrando nell’Accademia di Belle Arti alla scuola di Giuseppe Cammarano. Nel 1820 frequenta la scuola per pittore fiammingo Anton Sminck van Pitloo, insieme ad altri illustri allievi quali Giacinto Gigante, Raffaele Carelli e Achille Vianelli. Ottenuta una borsa di studio, nel 1824 si trasferisce a Roma, sotto la protezione di Hortense de Beauharnais, regina consorte d’Olanda, e da lezioni a suo figlio Luigi Bonaparte, il futuro Napoleone III.
Da una delibera del Consiglio dei Decurioni di Vasto, datato 4 agosto 1826, in seguito alla discussione sui lavori di manutenzione per la chiesa di San Michele Arcangelo, emerge la volontà di contattare Gabriele Smargiassi per ridipingere le statue lignee raffiguranti gli arcangeli, presenti all’interno della cappella. Per questo vengono nominati due deputati “…i quali contatteranno il civismo di D. Gabriele Smargiassi come pittore, che potrebbe occuparsi di ritoccare nel miglior modo le indicate statue”. 
Nel 1828 segue la duchessa di Saint Leu prima in Svizzera e successivamente a Parigi, dove rimane per nove anni, diventando maestro di disegno dei figli di Luigi Filippo. Gabriele Smargiassi lavora molto al Louvre e alle Tuileries, raggiungendo una grande notorietà sia per la sua bravura di pittore, dipingendo quadri per il re e la regina dei francesi, sia per le amicizie strette con importanti letterati e artisti del tempo, quali Honoré de Balzac, Alfred de Musset e Horace Vernet. In questo periodo il pittore vastese espone ai Saloni parigini, presentando quadri straordinari quali la “Veduta della Regia di Caserta”, “Veduta di Sorrento” e “Veduta del Tempio di Venere a Baja”. Ottiene anche importanti riconoscimenti, come la croce della Legion d’onore, che raramente veniva accordata agli stranieri, mentre nel 1831 gli viene assegnata la medaglia d’oro per la pittura all’Esposizione di Londra, per il quadro “La grotta azzurra di Capri”.
Alla morte del Pitloo, nel 1837, torna a Napoli dove vince la cattedra di Paesaggio presso il Reale Istituto di Belle Arti, prevalendo, per i maggiori titoli presentati, su Salvatore Fergola. L’assegnazione della cattedra, lo consolida come maestro di paesaggio quasi ininterrottamente fino al 1882, anno della sua morte, fatta eccezione per un breve viaggio compiuto a Parigi nel 1839 e per saltuarie assenze dall’Accademia, tra il 1843 e il 1854, sostituito da Antonio Cammarano, per raccogliere studi dal vero durante i mesi estivi. Sotto l’insegnamento di Gabriele Smargiassi, passarono intere generazioni di artisti: dai fratelli Palizzi a Vertunni, dal De Nittis al Cammarano, Da Alceste Cambriani a Giuseppe Casciaro e Attilio Pratella.
Lo Smargiassi è un pittore molto produttivo: per anni continua ad esporre vedute e paesaggi, sempre molto apprezzati dalla critica. I suoi quadri si trovano in tutte le principali pinacoteche e nei palazzi reali d’Europa, come ad esempio due grandi paesaggi napoletani venduti allo zar di Russia nel 1845. Per uno di questi, dal titolo “I Campi Flegrei”, il poeta Giuseppe Regaldi compone una lunga poesia in onore del pittore abruzzese, che inizia con questi versi:

O gentil Gabriello, un’altra volta
Maravigliando contemplar desio
L’amabil tela, in cui sorride accolta
L’raia e la luce del tuo ciel natio,
E figurando magiche
Terre de’ tuoi colori il magistero
Agguagliar seppe il vero.

Tra il 1851 ed il 1855 realizza un ciclo di tele a soggetto religioso destinato all’appartamento storico di Palazzo Reale a Napoli: “Paesaggio con San Sebastiano e le pie donne”, “Paesaggio con San Francesco in preghiera”, “San Francesco che caccia il demonio” e “San Girolamo appare a tre guerrieri del Medio Evo”.
Nonostante l’evoluzione artistica dell’Ottocento, Gabriele Smargiassi continua a dipingere nella maniera accademica tradizionalista. E poiché in quel periodo la figura più rappresentativa della nuova scuola , detta di Posillipo, era Filippo Palizzi, i due gruppi di antagonisti della pittura napoletana erano capeggiati da due artisti vastesi, tra i quali è certo che non corresse buon sangue.
…i Palizzi seguivano appassionatamente la brillante carriera dello Smargiassi, anche se, certo, non lo seguivano con simpatia”, scrive nel 1960 Paolo Ricci sul libro I fratelli Palizzi, “e la cosa si spiega se si considera la loro ostilità verso i preti in generale, alla quale si aggiungevano forse i vecchi ricordi paesani dei tragici fatti del ’99, quando uno Smargiassi, probabilmente imparentato con la famiglia del pittore, tal Nicola, fu condannato a morte per aver partecipato agli eccidi dei giacobini vastesi”.
Dopo il 1861, insieme con Domenico Morelli e Filippo Palizzi, è uno dei firmatari dello Statuto della Promotrice di Belle Arti di Napoli, dove espone solo per il primo anno. Tra il 1863 ed il 1875 pubblica in “Atti della Reale Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti”, riflessioni teoriche sullo studio delle opere e della biografia di Nicolas Poussin e sulla concezione del paesaggio e paesisti napoletani.
All’interno della Pinacoteca Civica di Palazzo d’Avalos a Vasto, oltre alla bella veduta, di cui abbiamo già parlato, è presente un piccolo Ritratto di Leone XII, realizzato a matita su carta. Il disegno è una delle opere giovanili dello Smargiassi, realizzato probabilmente durante il soggiorno a Roma, tra il 1824 ed il 1828. Mentre di un altro artista vastese, Giuseppe Mariani, è il ritratto ad olio di Gabriele Smargiassi eseguito nel 1885 su fotografia. In precedenza, nel 1876, dalla stessa fotografia, il pittore Luigi Fabron realizzò la sua versione che venne utilizzata come base per le stesure incisorie pubblicate sull’Illustrazione Italiana e sull’Arte Moderna in Italia.  
Gabriele Smargiassi si spegne a Napoli il 12 maggio 1882, all’età di 85 anni. Sulle pagine del periodico teatino “L’Operaio”, un lettore vastese, la cui sigla è G. M., scrive un breve ricordo del suo concittadino: “La mano divina di colui che imitando la natura fe’ che stupisse ritraendo il sole nei suoi mesti dorati tramonti, le incantevoli scene che allietano queste contrade le tinte che nella varietà dei colori illustrano mirabilmente cielo e terra: quella mano divina ora gelida, inerte e inerte posa baciata da migliaja di giovani ardenti d’ispirarsi nei sublimi suoi dipinti”.
Chiudiamo con le parole del medico e letterato Giacinto Barbarotta con l’iscrizione scritta nel 1844 in onore dell’artista vastese:

O GABRIELE SMARGIASSI
IL SOLE CHE TRAMONTA PINGESTI E TI DIÈ NOME
E LE SCENE DI NATURA SORPRENDENTI
RITRATTE DAL PENNELLO TUO PRODIGIOSO
IN FRANCIA IN INGHILTERRA IN ITALIA TUTTA
CON UN’ECO DI GLORIA TI RICORDARONO:
O EGREGIO
SE TI MUOVE CITTADINO SENSO
ACCOGLI L’IMMENSO GAUDIO DI QUESTA ISTONIO
CHE ALLA SOMMA TUA RINOMANZA
AD ETERNALE RICONOSCENZA
VOLENTEROSA TRIBUTA

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