domenica 6 gennaio 2013

MICHELE FIORE: 40° DELLA SCOMPARSA

40 anni fa moriva il pittore Michele Fiore 
Quaranta anni fa, il 4 gennaio 1973, si spegneva a Genova, città dove risiedeva da molti anni, Michele Fiore, apprezzato pittore autodidatta amante della pittura “en plein air”.
L’artista vastese mosse i primi passi nella sua città natale, cominciando a dipingere quasi per caso, imparando l’uso dei colori e lasciandosi ispirare dal paesaggio che lo circondava.
Gli scorci e i colori della propria terra, del proprio mare e delle proprie ricchezze, trovarono in Michele Fiore un buon interprete, che seppe fissarli su tela, riuscendo
ad imprimere alle opere gusto e gradevolezza cromatica: Marinai al lavoro, Rattoppo delle reti, Ulivi, Effetto lunare, Casa colonica e Mare in burrasca sono solo alcuni dei titoli di quadri realizzati all’inizio dell’attività artistica.
La prima personale venne organizzata all’età di 19 anni alla Regionale d’Arte di Chieti, ma già nel dicembre dello stesso anno partecipò ad un’altra mostra, insieme a Filandro Lattanzio, organizzata dall’O.N.D. (Opera Nazionale Dopolavoristi) .Una cinquantina in tutto i quadri esposti tra i due pittori, molto apprezzati dal pubblico vastese, che acquistarono diverse opere. L’inaugurazione avvenne il 29 dicembre alla presenza del Podestà e di Francesco Anelli, che illustrò ai presenti intervenuti i lavori dei due artisti.
Nel settembre dell’anno successivo, venne organizzata ancora una mostra, sempre a cura dell’O.N.D., con una trentina di opere esposte tra disegni e quadri ad olio. Con queste parole ne Il Vastese d’Oltre Oceano vennero sottolineate le potenzialità del pittore vastese: “Il Fiore, che è appena ventenne ed autodidatta, ha naturali e spiccate tendenze per la pittura; ed essendo egli povero, se venisse opportunamente incoraggiato con qualche sussidio che gli permettesse di frequentare una scuola di perfezionamento, saprebbe indubbiamente farsi presto un buon nome in quell’arte che ebbe un giorno così valorosi cultori nella nostra città”.
In questi anni nacque un piccolo cenacolo di giovani e squattrinati che amava le belle arti, tra questi troviamo Lattanzio, Canci e Fiore, ai quali si aggregarono altri giovani ammiratori come Giorgio Pillon,  Michele Ronzitti, Florindo Ritucci-Chinni e Aniello Polsi. Questi giovani amavano frequentare soprattutto due anziani artisti: il pittore Francesco Cardone (meglio conosciuto come “lu matte Cardone”) ed il poeta Romualdo Pantini.
Lasciata Vasto, troppo stretta per le proprie ambizioni, si trasferì a Roma per frequentare il corso di perfezionamento all’Accademia di Belle Arti, dove ebbe come compagni Scipione e Mafai, e la Scuola Libera del Nudo. Affinata la tecnica pittorica, dal 1932 partecipò ad importanti manifestazioni artistiche nazionali, ottenendo numerosi consensi di pubblico e di critica.
Stabilita la residenza a Genova, Michele Fiore continuò a dipingere, traendo spunto dall’affascinante e suggestivo paesaggio ligure, non disdegnando la partecipazione ad importanti manifestazioni come alla Nazionale di Arte sociale (1946) e alla Sindacale (1948), al Premio Autostradale del Sole, senza dimenticare una personale a Genova sempre nel 1948. Nel 1951 partecipò alla Quadriennale d’Arte di Roma, nel 1951 e 1952 al Premio Suzzara ed ancora nel 1952 al Premio di Vado Ligure.
Nell’estate del 1959, prese parte alla Prima Mostra dei Pittori Vastesi Contemporanei, presso l’Asilo Carlo Della Penna, con ben 20 olii, tra i quali spiccarono quelli con il paesaggio vastese, come Pini a Marina di Vasto, Ulivi della riviera di Vasto, Paesaggio vastese e Chiesa di San Giuseppe a Vasto.
Sempre a Vasto, nel 1962, meritò il primo premio alla mostra nazionale di pittura figurativa, mentre tre anni più tardi, sempre nella sua città natale, ottenne il premio dell’Amministrazione Provinciale di Chieti.
Durante l’attività artistica, Michele Fiore lavorò molto a spatola, raggiungendo uno stile personale.
Fiore dipinge a spatola”, scrisse il prof. Tito Spinelli nel volume Profilo storico della pittura vastese, “con tinte intatte, con scarsa propensione alla mescita, poggiando la resa espressiva sui rossi, gialli e verdi. E poiché gran parte della sua produzione si puntella sul paesaggio, ne scaturisce che la veduta, agglutinata in superficie ridotta, è un momento distintivo del colloquio che il pittore intavola con l’ambiente circostante del quale non riecheggia un momento particolare, ma la suggestione. Affezionato come non mai al paesaggio natale, Fiore punta più sul particolare che non sull’ampiezza dello sfondo, benché il suo paesaggio sia ricettivo, non riduttivo”.
Nei primi mesi del 1969 risale forse l’ultima grande mostra organizzata dal pittore vastese a Genova, alla galleria d’arte “Il Salotto”. Ventisette pitture ad olio, quattordici tempere e due disegni furono i lavori presentati al pubblico. “Questo pittore che ancora non s’è accorto di quanto, intorno a lui e intorno a tutti noi, il mondo sia cambiato dal giorno in cui Egli, dal nativo Abruzzo, approdò a Genova”, scrisse per l’occasione il critico d’arte Remo A. Borgini, “Non se n’è accorto perché non ha voluto accorgersene e perché le scoperte che Fiore è in grado di realizzare continuamente dentro di sé, lo hanno aiutato e lo aiutano a difendersi dalle contaminazioni esterne”. Unanimi furono i consensi di pubblico e di critica apparsi su quotidiani e riviste locali.
Michele Fiore rimase sempre legato alla sua terra d’origine. Tornava spesso d’estate a Vasto per ritrarre “en plein air” con maggior luce i paesaggi della collina e del mare. Persona molto affabile, amava conversare con chi gli si avvicinava incuriosito, per spiegare la sua attività artistica. 
A quarant’anni dalla sua morte abbiamo voluto offrire il nostro modesto contributo, come sempre volto alla valorizzazione e alla riscoperta dei tanti figli forse troppo presto dimenticati.

Lino Spadaccini







Da sinistra, Michele Fiore,  Aniello Polsi, Luigi Martella. In seconda fila Lello Martone e Filandro Lattanzio

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