mercoledì 6 febbraio 2013

Verso il Carnevale (4): la "Cavallerrejje", l'elegante sfilata che ...qualche volta finì con l''uccisione di 50 galline!

La Carriera a Cavallo, 1910 circa (foto N. Anellli)
Una rievocazione storica, citata anche dal Marchesani, nella sua Storia di Vasto, che veniva saltuariamente proposta nel periodo di carnevale, era la “Cavallerejje”, ovvero la tradizionale mascherata a cavallo dei vetturali vastesi, in ricordo delle incursioni turchesche sulle nostre coste dal XVI al XVIII secolo.
In origine, la mascherata consisteva in un corteo di cavalieri dalla pelle nera”, si leggeva in un articolo degli anni ’20 pubblicato su Il Vastese d’Oltre Oceano, diretto da Luigi Anelli,
che per prima coppia aveva un Pascià a lato di una fanciulla bianca, vestita di candidi veli. Oltre alla magnificenza dei vestiti, la mascherata si distingueva per la ricchezza dei turbanti e dei fez dei cavalieri della mezzaluna, letteralmente ricoperti di fiammanti collane di oro”.
Con il passare degli anni anche la rievocazione ha perso il significato e il suo fascino iniziale: i costumi turchi sono passati di moda e la caratteristica mascherata della Cavalleria si è trasformata in un corteo reale con la coppia coronata seguita dal corteo di “cavalieri bianchi dai serici vestiti, dalle sgargianti gualdrappe dei loro destrieri ed armati di innocue sciabole di legno inargentato”. Innocue sciabole non direi proprio, visto l’utilizzo che se ne faceva. Ma andiamo per ordine.
Alle ore 10, dal cortile di palazzo d’Avalos, lo squillo di trombe annunciava l’uscita della sfilata. Apriva il corteo il Capitano delle Guardie (Pietro Molino), seguito dal 1° trombettiere (Michele Molino); seguiva la coppia reale formata dal Re (Vincenzo Cicchini), che cavalcava un superbo baio dorato, con corona e collare del Toson d’Oro al collo, e indossava un manto di velluto rosso, cappa di ermellino, abito di velluto nero e gambali di pelle. Alla sua destra, su un bel morello, cavalcava la sua sposa (Nicola Tana), tutta vestita di bianco. Seguivano il 2° trombettiere (Michele Aucone) e 30 cavalieri.
E qui veniamo alla parte alquanto discutibile di tutta la rievocazione. Per le strade era usanza appendere, lungo un filo tra case o balconi, innocenti galline vive con il corpo in giù. I polli erano il bersaglio dei cavalieri, i quali con le loro sciabole di legno colpivano ripetutamente i poveri volatili fino ad ucciderli. “Cinquanta le galline sacrificate”, precisò il cronista dell’epoca, “che la sera di domenica furono servite nel lieto simposio di quanti presero parte alla mascherata. Non è stato possibile però poter precisare il numero delle bottiglie che furono tracannate per poter accompagnare nello stomaco quegl’innocenti volatili”.
Le ultime edizioni di questa manifestazione risalgono all’immediato dopoguerra, come testimoniato dalla presenza di alcune foto, che ci mostrano la lunga sfilata e la ricchezza dei costumi. 

Lino Spadaccini


La cavallerejje 1947


La cavallerejje 1947

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