La Carriera a Cavallo, 1910 circa (foto N. Anellli) |
“In origine, la
mascherata consisteva in un corteo di cavalieri dalla pelle nera”, si leggeva
in un articolo degli anni ’20 pubblicato su Il
Vastese d’Oltre Oceano, diretto da Luigi Anelli,
“che per prima coppia aveva un Pascià a lato di una fanciulla bianca, vestita di candidi veli. Oltre alla magnificenza dei vestiti, la mascherata si distingueva per la ricchezza dei turbanti e dei fez dei cavalieri della mezzaluna, letteralmente ricoperti di fiammanti collane di oro”.
“che per prima coppia aveva un Pascià a lato di una fanciulla bianca, vestita di candidi veli. Oltre alla magnificenza dei vestiti, la mascherata si distingueva per la ricchezza dei turbanti e dei fez dei cavalieri della mezzaluna, letteralmente ricoperti di fiammanti collane di oro”.
Con il passare degli anni anche la rievocazione ha perso il
significato e il suo fascino iniziale: i costumi turchi sono passati di moda e
la caratteristica mascherata della Cavalleria si è trasformata in un corteo
reale con la coppia coronata seguita dal corteo di “cavalieri bianchi dai serici vestiti, dalle sgargianti gualdrappe dei
loro destrieri ed armati di innocue sciabole di legno inargentato”. Innocue
sciabole non direi proprio, visto l’utilizzo che se ne faceva. Ma andiamo per
ordine.
Alle ore 10, dal cortile di palazzo d’Avalos, lo squillo di
trombe annunciava l’uscita della sfilata. Apriva il corteo il Capitano delle
Guardie (Pietro Molino), seguito dal 1° trombettiere (Michele Molino); seguiva
la coppia reale formata dal Re (Vincenzo Cicchini), che cavalcava un superbo
baio dorato, con corona e collare del Toson d’Oro al collo, e indossava un manto
di velluto rosso, cappa di ermellino, abito di velluto nero e gambali di pelle.
Alla sua destra, su un bel morello, cavalcava la sua sposa (Nicola Tana), tutta
vestita di bianco. Seguivano il 2° trombettiere (Michele Aucone) e 30
cavalieri.
E qui veniamo alla parte alquanto discutibile di tutta la
rievocazione. Per le strade era usanza appendere, lungo un filo tra case o balconi,
innocenti galline vive con il corpo in giù. I polli erano il bersaglio dei
cavalieri, i quali con le loro sciabole di legno colpivano ripetutamente i
poveri volatili fino ad ucciderli. “Cinquanta
le galline sacrificate”, precisò il cronista dell’epoca, “che la sera di domenica furono servite nel
lieto simposio di quanti presero parte alla mascherata. Non è stato possibile
però poter precisare il numero delle bottiglie che furono tracannate per poter
accompagnare nello stomaco quegl’innocenti volatili”.
Le ultime edizioni di questa manifestazione risalgono
all’immediato dopoguerra, come testimoniato dalla presenza di alcune foto, che
ci mostrano la lunga sfilata e la ricchezza dei costumi.
Lino Spadaccini
La cavallerejje 1947 |
La cavallerejje 1947 |
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