Lo
storico vastese Luigi Marchesani riferisce che “il bislungo masso immerso nelle acque, denominato Trave, è muro
antichissimo, che per le incrostazioni sembra scoglio”. Più preciso nella descrizione è il capitano
Michele Olivieri, che negli anni ’50, sull’Histonium
di Espedito Ferrara, scriveva: “Nel fondo
del mare a Scaramuzza, per levante dei due massi grandi di scogli, ad una
distanza di circa venti metri e in una profondità di due metri, si osservano,
con mare limpido, dei blocchi di fabbrica in mattoni e il più grande è di una
lunghezza di circa venti metri per tre di lunghezza”. Il cap. Olivieri,
afferma che questi ruderi non sono altro che i resti di un antico molo: “Come ricordano i nostri
vecchi pescatori di
sciabica e pitarola, una linea di scogli si poteva osservare dal Trave fino a
davanti alla Chiesa, linea che correva parallela alla costa, in mare a poca
distanza dalla costa stessa, e al Trave si osservano tuttora dei massi di
scogli in mare, a poca distanza dalla riva, di forma rettangolare, costruiti
certamente dalla mano dell’uomo e per scopo di formare un porto”.
A
Trave si può accedere direttamente dalla spiaggia della Marina, facendo una
bella passeggiata nell’acqua, oppure percorrendo il comodo tracciato
ferroviario. Dalla statale 16, invece, si accede attraverso una comoda e
imponente scalinata in acciaio, realizzata qualche anno fa per scavalcare la
ferrovia. Oggi, che non passano più i treni, si può anche evitare di prendere
la scala, scendendo sul sentiero alla sua sinistra. Giunti all’ex tracciato
ferroviario, ancora una comoda scalinata, scavata nel terreno, ci permette di
accedere direttamente sulla scogliera.
A
Trave non c’è una vera e propria spiaggia, ma piccole baie e insenature ricche
di scogli. Da uno scoglio molto alto, facilmente raggiungibile, si può ammirare
la trasparenza dell’acqua: quando il mare è una tavola sembra che le pietre
escono fuori dal mare, tanto essa è limpida.
Sul
lato nord c’è il primo trabocco della costa, mentre verso sud la costa prosegue
con la scogliera di Scaramuzza, così chiamata così perché un tal Pietro
Scaramuzza, proprio in quella zona, aveva il diritto di carico e scarico delle
merci.
Sullo
scoglio più grande, a largo di Scaramuzza, si erge imponente ed elegante il
Monumento alla Bagnante (erroneamente chiamata Sirenetta). Nata dall’idea del
Comune e dell’Azienda di Soggiorno e Turismo guidata dall’avvocato Roberto
Bontempo, l’opera, fusa nel bronzo, alta tre metri e sessanta, per mezza
tonnellata di peso, è stata realizzata dallo scultore ortonese Aldo D’Adamo.
Tutta
la costa vastese è davvero straordinaria con le tante baie e insenature, una
diversa dall’altra, ognuna con il suo fascino e con le sue peculiarità che la
rendono davvero unica.
Dobbiamo
tenerci stretto questo grande patrimonio che abbiamo, saperlo valorizzare, ma
anche salvaguardarlo dalla cementificazione e dalla mano, spesso distruttrice,
dell’uomo.
Chiudiamo
in rima con la poesia di Nicola Del Casale dal titolo “La váuce de lu Träve”:
Quäsce
‘na vàuce ch’aèsce da ll’âcche:
J’ë
sé’ lu Träve - dëjce - e nì’mmi spâcche.
La
fräne asciagne, préme, scrépe, abbotte
embé,
j’ë’ m'aritëjre appàjne che smotte.
Lu muràjjàune, li scujje, li préte,
gna le sindëjve: - Piccà tü vi’ ‘rréte?
- dëjce a lu Trave.- Si vve’ la suluâgne
sëcche murëjme senz'âcche ch'abbâgne.
Lu sbâtte e sciâcche de ogne mmumuende
mé’ j'arifrasche a lu suàule che cchéuce;
si tt 'addaresse, cripäme nghe nniende !
E lu Träve, ngazzüuse a ‘sti préce:
- Vü’, si cchiü’ ppréme la fräne, e la ggende,
v'arifriscäte a lu puàzze de Céuce! -
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