venerdì 11 aprile 2014

Oggi è la SACRA SPINA, la solennità più cara ai Vastesi: ecco la storia

di LINO SPADACCINI 

Oggi alle ore 18, in occasione della solennità della Sacra Spina, S. E. Mons. Bruno Forte, Arcivescovo della Diocesi di Chieti-Vasto, presiederà la Solenne Concelebrazione Eucaristica, cui farà seguito la processione della Sacra Reliquia per le vie del centro storico.
Ogni anno nella chiesa di Santa Maria Maggiore si ripete il “miracolo” della Sacra Spina, non tanto per la fioritura della Spina, che secondo
tradizione avviene tra l’ora sesta (mezzogiorno) e l’ora nona (le ore 15) del Venerdì Santo, quanto per la grande devozione dei fedeli ancora oggi molto sentita dopo quasi cinquecento anni.
Il suono inconfondibile della campana grande di S. Maria, la solennità della celebrazione eucaristica, la processione per le vie del centro storico e il canto dell’Ave Spina, intonato a gran voce a cori alterni da uomini e donne, riescono a regalare forti emozioni e un coinvolgimento unico che in poche altre occasioni si ripete.
Come molti ancora oggi ricordano, in passato la processione si svolgeva intorno a mezzogiorno. In segno di
devozione molti uomini sfilavano per le strade completamente scalzi, mentre le donne indossavano semplici calze e portavano in mano un grosso cero.
Secondo la tradizione cristiana si vuole che la corona di Gesù Cristo sia stata recuperata da Luigi IX di Francia e poi da lui donata alla Cattedrale di Notre-Dame di Parigi. Da questo oggetto, nel corso dei secoli, furono tolte numerose spine per essere donate a chiese e santuari.
Le Sacre Spine sparse nel mondo sono davvero tante, alcune sono presenti anche in Abruzzo come a L’Aquila, Sulmona, Lanciano e naturalmente a Vasto. “Fra tutti i centri abruzzesi”, scriveva Padre Donatangelo Lupinetti nella pubblicazione La Sanda Passione (1967), “Vasto si distingue sia per la devozione alla S. Spina e sia per la maggiore garanzia di autenticità, data la documentazione storica che essa è in grado di offrire alla critica”.
La prima notizia sulla Sacra Spina la troviamo sul manoscritto Memoria dell’antichità del Vasto di Nicola Alfonso Viti: “Solo in tal giorno apparisce in cima a questa reliquia, come un fiore di certa materia, che par lanugine bianca; ond’è che non può dubitarsi, che sia altro una di quelle benedette spine…”. Ma le informazioni più complete le possiamo leggere in un piccolo libricino dal titolo Notizie Istoriche appartenenti alla Sacra Spina, scritto dal medico e letterato Francesco Leone e stampato a Napoli nel 1778, dove sono riportate, oltre ad informazioni storiche utili, anche alcune testimonianze dirette vissute da alcuni personaggi e dall’autore stesso del testo: “È questa una Spina intiera lunga oncie tre ed un minuto di palmo architettonico Romano, aspersa nella punta del divin Sangue;  graziosamente conceduto dal Pontefice Pio IV al famoso D. Ferdinando Davalos Governatore di Milano, e Delegato al Concilio di Trento come Ambasciatore del Re di Spagna Filippo II, dopo la di cui morte, fu ella da D. Alfonso Davalos di lui erede, trasportata a Vasto, e decentemente situata nella Chiesa Parrocchiale, oggi Real Collegiata insigne di S. Maria Maggiore, dove presentemente si venera”.
Le testimonianze dirette, riportate sul citato libricino sono quelle degli storici Nicola Alfonso Viti, di cui abbiamo già riferito, di Tommaso Palma, autore della prima storia di Vasto data alle stampe (1690), dove si legge “Che queste sia veramente una di quelle, si comprova con evidenza dal prodigioso fiorire”, ed ancora Padre Federico Sardeschi, predicatore, che nel 1748 osservò sulla “Spina una goccia di sangue lucida, e risplendente, la quale dopo un quarto d’ora a poco a poco svanì”, e lo stesso Francesco Leone, che il Venerdì Santo del 1743 vide “spuntar dal gambo alcuni piccoli steli, che prima non si vedevano, né si videro dopo”.

Tanta è la devozione del popolo vastese verso questa reliquia, e tanti sono gli episodi che la tradizione e i libri di storia ci hanno tramandato. Una di queste è presente nel dipinto, datato 1857, sulla volta della navata centrale di S. Maria Maggiore (foto sopra), opera del pittore vastese Andrea Marchesani, dove è raffigurato “Il Miracolo della Sacra Spina”, per ricordare un episodio avvenuto nel 1643. La notte della vigilia del Corpus Domini, probabilmente a causa di un lume rimasto acceso, l’Altare maggiore prese fuoco e ben presto le fiamme divamparono su tutto il presbiterio, alimentate dalla presenza del legno del coro, dei sedili e dell’altare. Le fiamme arrivarono fino al tetto, tanto che cominciarono a cadere, una dietro l’altra, tutte le travi che lo sostenevano. La gente richiamata dal fumo e spaventata dalle alte fiamme che fuoriuscivano dalla chiesa, rimase inerme davanti a tanta sciagura. Il pensiero della gente andò subito alla Sacra Spina, che in quel tempo si conservava all’interno di una nicchia di legno dell’Altare maggiore. Coraggiosamente uno schiavo turco, impietosito dalle preghiere del popolo, ma anche incoraggiato ad intervenire, con la promessa di guadagnare la libertà, si spinse all’interno della chiesa, e trovato un varco tra le fiamme, riuscì ad arrivare fino all’altare ed a portare in salvo la Reliquia.
Quindi può ognuno agevolmente arguire quanto maggiori, e più frequenti siano le grazie, che si dispensano da lei a favore de’ Cittadini Divoti”, scrisse Francesco Leone, “ Non v’è disgrazia, non v’è male, che si faccia a minacciare questa fortunata Città, che alla comparsa di tal prodigiosa Reliquia non si dilegui!”. L’autore dell’opuscolo ricorda l’incendio divampato in casa Raimondi, la mattina del Sabato Santo, ma portata la Sacra Spina sul luogo, da un Sacerdote Capitolare, “appena imboccossi in quella strada, donde poteva vedersi l’incendio, le vampe si ritirarono, e non prima giunser Ella presso l’ardente casa, che affatto con universale stupore spontaneo si spensero”. In un’altra occasione, a causa delle devastazione di un imponente sciame di locuste, venne portata in processione la Reliquia e “le infeste bestiole aggomitolatesi concordamente in aria a forma di vasta, e densa nube, fuggirono a sommergersi in mare”. Nel 1777, a causa della siccità, durata per tutta l’estate e per buona parte dell’autunno, si decise di far uscire in processione la Sacra Spina, ma il giorno precedente alla data fissata, cadde una pioggia benefica.

Nel 1647 il Marchese Diego D’Avalos, fece erigere una “maestosa Cappella”, dove poter conservare con maggior decoro la preziosa Reliquia, e i suoi successori, Cesare Michelangelo e Donna Ippolita, la arricchirono con ricche suppellettili sacre. Oggi la Sacra Spina si conserva nell’omonima cappella  (foto sopra)  realizzata nel 1921 su progetto (1890) del giovane architetto vastese Roberto Benedetti.


Lino Spadaccini

















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