lunedì 8 settembre 2014

Luigi Martella (1911-1971) tra Vasto e Navelli: una mostra da visitare



Sabato c'è stata l'inaugurazione della Mostra su Luigi Martella (1911-1971) a Palazzo d'Avalos. (Resterà aperta fino al 30 settembre). L'evento - organizzato dal Cai di Vasto - fa seguito alla esposizione di Navelli, paese natale della consorte di Martella, Elena Cantalini, i cui scorci sono stati ampiamente rappresentati dal
pittore vastese.

Ad aprire i lavori l'architetto Maurizio Smargiassi che, oltre a ricordare i legami della sua famiglia con il pittore, si è detto convinto che "la sua pittura è pervasa dall'architettura", nel senso che "i suoi paesaggi hanno sempre una profondità di campo ed una prospettiva perfetta". Martella fu  anche  architetto e preside. "Tra i mie preferiti - ha concluso - c'è una veduta di un trabocco che compare sullo sfondo di un paesaggio con alberi di ulivo in cui, il gioco di luci ed ombre, non ha nulla da invidiare a quadri di Cézanne, Gauguin o Sisley".

Da sinistra: Maurizio Smargiassi, Bianca Campli,
 Sindaco Paola Di Iorio, Sindaco Luciano Lapenna
 A sottolineare il gemellaggio artistico tra Vasto e Navelli tramite i paesaggi di Martella, sono stati i due sindaci Luciano Lapenna e Paola Di Iorio. Mentre il Presidente del Rotary Club Vasto, Angelo Muraglia e del Club Alpino Italiano Vasto, Francesco Famiani, in qualità di rappresentanti degli enti patrocinanti, hanno spiegato come è nata l'idea di questa iniziativa. La Scuola Elementare Luigi Martella ha inviato un suo messaggio. Il presidente Assostampa Giuseppe Catania ha ricordato i suoi legami di amicizia con il pittore sin dagli anni '50 e i numerosi articoli scritti per descrivere la sua arte, nel solco della grande tradizione vastese.

A presentare la mostra Bianca Campli che ha curato anche il catalogo. La storica d'arte ha subito chiarito che "Martella è nato a Vasto, città amatissima, ma, sposando Elena Cantalini, ne ha sposato anche la città di origine, Navelli, sicché le sue opere pittoriche più riuscite fissano sulla tela le forme, le luci, lo sky-line delle due città in un ideale, totalizzante abbraccio ad una regione, l'Abruzzo, che in pochi kilometri passa dal mare alla montagna, sicché Vasto e Navelli diventano il Sud ed il Nord di un paesaggio dell'anima, prima ancora di essere quello che sono: città irrorata della luce perlacea del mare Vasto; ritagliata nella luce cristallina della montagna Novelli".

La mostra raccoglie dipinti che abbracciano un lungo lasso di tempo che va dagli anni '30 agli anni '70: "40 anni, nel corso dei quali la pittura del Nostro conosce interessanti evoluzioni, pur senza gli scarti violenti che le Avanguardie andavano imprimendo all'arte europea e, in minor misura, all'arte italiana, sicché Luigi rimase estraneo alle radicalità del Cubismo, del Surrealismo, del Futurismo e dell'Astrattismo", ha detto Bianca Campli. Aggiungendo: "Una lettura non superficiale del suo lavoro rivela una indubbia fedeltà tematica al paesaggio, sull'esempio dei suoi maestri Carlo Siviero e Nicola Biondi e sulla scia della Scuola Napoletana, (a cui tanti contributi avevano dato altri Vastesi, come Gabriele Smargiassi e la Famiglia Palizzi)".

Ma a cavallo degli anni '60, "la tavolozza di Martella abbandona la fedeltà naturalistica al dato oggettivo e slitta verso un uso non mimetico, soggettivo ed espressionista del colore"."Quindi il Nostro, che pure non amava viaggiare (l'esperienza della guerra - era stato ufficiale di Marina, sugli incrociatori Pola e Fiume - doveva averlo segnato non poco), andava aggiornando la sua estetica sui testi figurativi della grande pittura europea e italiana".

E la storica d'arte con l'aiuto di slides ha portato tanti esempi, accostando le opere di Martella ai Maccchiaioli, agli impressionisti, ai simbolisti, a Cézanne, all'informale.

"Possiamo, quindi, affermare sulla base delle prove rappresentate dai suoi quadri - ha concluso Bianca Campli - che siamo in presenza di un artista di spessore che, pur avendo lavorato e vissuto in provincia, ha saputo intessere un dialogo proficuo e attento sia con la grande tradizione meridionale dell'800, che con le novità del panorama culturale contemporaneo".

Nicola D'Adamo 






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