mercoledì 14 novembre 2018

La storia di Paquius Scaeva, glorioso proconsole a Cipro al tempo di Roma

Museo di Vasto sarcofago bisomo di Sceva
Fu sepolto nel curioso sarcofago "bisomo" (a due posti) che ora si trova nel museo di Vasto

di Giuseppe Catania

Gli antichi Romani erano convinti che l'anima, dopo la separazione dal corpo per avvenuta morte, andasse sottoterra per ricominciare una nuova e misteriosa vita accanto al corpo, per cui era obbligatorio il seppellimento.
Per loro, infatti, la morte non distruggeva gli uomini, ma li rendeva più potenti fino a farli diventare Dei, gli Dei della Casa, detti "Manes", una legge comune a tutti i defunti, senza distinzione di casta.

La tomba, quindi, era la casa e il tempio stesso del morto e il cadavere, dopo essere stato tolto dalla bara, veniva collocato dentro il sarcofago, nel sepolcro (mortuum in sepulcro condere) di cui veniva osservata l'assoluta inviolabilità (sepulcrorum sanctitas).

In anni recenti la scoperta di un sarcofago "bisomo" a Villa S. Angelo dell'Aquila (che conteneva due corpi in sovrapposizione) risalente ad epoca romana, ha riproposto all'attenzione degli studiosi, il problema del sistema e delle tecniche delle sepolture, nelle caratteristiche, in particolare, delle tombe "bisome", di cui si ha notizia fin dal 1° secolo avanti Cristo.

Nel Museo Civico di Vasto si conserva il sarcofago "bisomo" che venne fatto costruire per il Proconsole Publio Paquio (o Pachio) Sceva, destinato a custodire il suo corpo e quello della moglie Flavia.

Certamente Pachio Sceva fu un personaggio molto importante ed appartenente ad una famiglia istoniese di grande prestigio.
Sceva, infatti, fu Pretore e Magistrato, Sovrintendente alle vie di comunicazione estraurbane (Curator Viarum
Extraurbem Romani) e successivamente anche Tribuno della Plebe, nonché proconsole inviato a Cipro.

Il sepolcro di cui ci occupiamo venne realizzato in marmo dalmata per accogliere due corpi.L'interno è diviso in due scomparti separati da una sponda decorata a cordone.Nella parte corrispondente al capo, è ricavato un rialzo a modo di cuscino.Nella parte sinistra dove era adagiato Sceva ed in quella destra (dove riposavano le spoglie della moglie Flavia), sono incise due iscrizioni corrispondenti alla genealogia dei coniugi e gli incarichi pubblici ricoperti dall'illustre personaggio.

A sinistra la scritta:
P(ublius) PAQUIUS, SCAEVAE. ET FLAVIAE FILIUS,
CONSI ET DIDIAE NEPOS, BARBI ET DIRUTIAS PRONEPOS/ SCAEVA, QUAESTOR, DECEM VIR STLITIBUS IUDICANDIS EX S(enatus) C(onsulto) POST QUAESTURAM, QUATUOR VIR/ CAPITALIS EX S(enatus) C(onsulto) POST QUAESTURAM ET DECEM VIRATUM STLITIUM IUDICANDARUM TRIBUNIS PLEBIS/ AEDILIS CURULIS, IUDEX QUAESTIONIS, PRAETOR AERARTI, PRO CONSULE PROVINCIAM CYPRUM OPTINUIT/ VIAR(um) CUR(ator) EXTRA, U(rbem) R(omam) EX S(enatus) C(onsulto) IN QUINQ(uennium), PRO CO(n)S(ule) ITERUM EXTRA SORTEM AUCTORITATE. AUG(usti) CAESARIS/ ET S(enatus) C(onsulto) MISSO AD COMPONENDUM STATUM IN RELIQUUM CYPRI, FETIALIS/ CONSOBRINUM IDEMQUE VIR FLAVIAE, CONSI FILIAE, SCAPULAE NEPTIS, BARBI PRONEPTIS, SIMUL CUM EA CONDITUS.


A destra la scritta:
FLAVIA,CONSI ET SINNIAE FILIA,
SCAPULAE ET SINNIAE NEPTIS, BARBI ET DIRUTIAE/
PRONEPTIS, CONSOBRINA EADEMQUE UXOR P(ublii) PAQUII, SCAEVAE FILI, SCAEVAE, CONSI NEPOTIS, BARBI PRONEPOTIS, SIMUL CUM EO CONDITA.


Apprendiamo da queste scritte che Publio Pachio Sceva e sua moglie Flavia erano nati da due sorelle (consobrinus), Pachio nacque da Flavia e sua moglie da Didia. Pachio era figlio di Sceva e di Flavia, nipote di Conso e di Didia, pronipote di Barbio e di Diruzia. La moglie Flavia era figlia di Conso e di Didia, nipote di Scapula e di Sinnia e pronipote di Barbio e di Diruzia.

Publius Paquius Scaeva, dunque, venne nominato Questore e la cui carica consisteva nel custodire il tesoro pubblico, incassare i tributi, pagare gli stipendi alle truppe ed agli impiegati dell stato, verificare i conti.

Venne poi nominato Magistrato per giudicare i processi del Popolo, con diritto di inviolabilità (iutex quaestionis) e con potere assoluto (tribunicia potestas): aveva la facoltà di occupare i primi posti nei pubblici spettacoli, di usare il cocchio anche a Roma dove esercitava l'ufficio di giudice, con diritto di sedere su di una seggiola speciale pieghevole, onorifica (sella Curulis) e disponeva di impiegati al suo servizio, come lo "scriba" (segretario).

Per decreto del Senato venne anche nominato Tribuno della Plebe la cui persona era sacra e inviolabile. Aveva il potere di proteggere la plebe mediante l'impiego di un diritto invincibile (intercessio tribunicia) e capace di annullare ogni atto di qualunque autorità dello stato, durante l'arco di un anno, tempo della durata della carica di Tribuno.

Publio Pachio Sceva venne anche nominato Curatore edile, per la sorveglianza dei mercati, per vigilare la polizia urbana, costruire e manutenere le strade e gli edifici pubblici. Fu anche Pretore dell'Erario Pubblico con l'esercizio di tutte le funzioni governative e con facoltà di sostituire i Consoli nelle loro attribuzioni, anche nel comando dell'esercito.

Sceva fu nominato Proconsole della Provincia di Cipro con l'attribuzione di convocare e presiedere il Senato e farne eseguire le deliberazioni, nominare ufficiali con poteri illimitati conferitigli dal Senato (Senatus consultum) mediante una speciale formula: videant consules ne quid republicae decrimenti capiat, cioè che i consoli provvedano che siano evitati danni alla repubblica. Venne anche nominato Curator (cioè provveditore alle opere pubbliche) per la sorveglianza delle strade fuori di Roma e riconfermato per un altro quinquennio da Cesare Augusto per consentirgli di ultimare la ricostruzione della provincia autonoma di Cipro che era stata distrutta da un incendio nell'anno 22 avanti Cristo.

Pachio Sceva fu anche Feciale (Fetialis), tra i venti sacerdoti incaricati di provvedere a rendere propizio il favore degli dei con l'onesta osservanza dei patti e delle relazioni con gli stranieri. In effetti era incaricato di sorvegliare a che lo Stato facesse guerre giuste e rispettasse i trattati di pace.

Al Feciale era affidato il compito di risolvere le questioni di guerra (casus belli) tra Roma e gli altri stati, chiedere i danni di guerra a titolo di riparazione (elargitio) o, addirittura, dichiarare guerra, lanciando in terra nemica, quando confinava con Roma (altrimenti contro una colonna eretta davanti al tempio di Bellona), una lancia insanguinata (hasta sanguinea) come atto delle iniziate ostilità.

Di tanto personaggio, che sommò nella sua persona le più prestigiose cariche all'inizio del governo di Cesare Augusto, sappiamo che venne ancora riconfermato per un altro anno nell'incarico di Proconsole a Cipro, per consentirgli di completarne la costruzione.

Poi nulla si sa di Publio Pachio Sceva, certamente a causa della sua morte, avvenuta improvvisamente. Ma è singolare il fatto che egli, pur possedendo una sepoltura a Roma, fuori Porta Latina, sia stato tumulato nella sua città natale, Histonium, come dimostra la presenza qui della tomba monumentale comprendente il sepolcro bisomo.

Qui dentro, come riferisce l'Abate Donenico Romanelli (Scoverte Patrie, pag. 190-191), furono "ritrovate intatte le ossa, e non bruciate di Paquio e di Flavia" sua moglie, e che "fuori del Vasto se ne vedeva il loro gentilizio sepolcro dove furono ritrovate molte urne cinerarie e mortuarie iscrizioni".

Non è da escludere che la moglie di Publio Pachio Sceva abbia voluto, per espresso suo desiderio, far deporre le spoglie del consorte illustre nel sepolcro bisomo di Histonium, volendo anche ella riposare, nell'ultima dimora, accanto al suo sposo, nella terra natìa, per ricominciare insieme sottoterra, una nuova misteriosa vita.

Giuseppe Catania

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