Caro Peppino,
mi
permetto di disturbarti in via privata ed amichevole, per il semplice motivo
che
non intendo farmi pubblicità a sciocche spese altrui. Mi riferisco al
futile chiasso che dura da tempo e che ti ha chiamato
in causa (NOI VASTESI, 23 agosto scorso) circa la "ricostruzione" del
cosiddetto "aereo del volo su Vienna" di
Gabriele D'ANNUNZIO. Dico subito - come peraltro è già di tuo dominio -, che
non sono uno storico ma che, nelle mie modeste competenze di studioso, avevo pubblicato
sulla RIVISTA ABRUZZESE (n. 1 del
2015, pagg.18-22) un inedito sulla Grande Guerra, avendo avuto l'onore della lunga amicizia
"milanese" con il celebre pittore Giovanni MANCA , autore del LEONE DI
SAN MARCO sulla carlinga del noto velivolo. Con quel mio non proprio modesto intervento, tuttavia, mettevo in guardia
dalle molte "pretese storielle" - sbocciate con il centocinquantenario
della nascita del "vate", nel 2013 -, attorno alle più strampalate
tematiche di pura appropriazione populistica secondo la moda corrente.
(Vi è
stato chi, addirittura, ha fatto passare il vate per
assaggiatore e buongustaio! Non ti sarà sfuggito quel noto gelataio di Pescara
che Gli ha dedicato un gelato al grido
di "Pistacchio uber alles!"E che dire dei brodetti con
protagonista il nostro don Romualdo Pantini.. ..a Desenzano?). Ma
veniamo al biplano SVA5 del D'Annunzio: non intendo affatto entrare in
polemica con nessuno, ma è indispensabile far sapere che l'aereo
ricostruito ad un solo posto (e la relativa pomposa propaganda delle sue
svariate presentazioni) non corrisponde assolutamente all'aereo con cui
il D'Annunzio sorvolò Vienna secondo la citazione della tua precisa
data. Lo SVA5 del poeta soldato (pilotato, peraltro, dal cap. Natale
Palli), era uno SVA5 biposto proprio perché davanti al pilota potesse operare lo stesso D'Annunzio, con il lancio
dei suoi noti manifestini (senza nessuna deliberata azione bellica!) sulla
capitale austriaca.
La modifica fu effettuata rapidamente, e di notte,
dalla stessa Ansaldo, rep. Ingegner Brezzi; mentre da Taranto si attendeva
l'arrivo di chi incidesse il simbolo della "Serenissima"
- la 87a squadriglia aerea, così chiamata, che non si riferiva al nome di
Venezia, bensì ai molti piloti veneti degli undici SVA5 che presero parte allo storico
volo -, di cui le foto inerenti costituiscono documentazione che sbugiarda in
modo mortificante l'incauta comparazione...
Va da sé,
carissimo Peppino, che il modello presente al Vittoriale - appeso, e
senza motore, al soffitto di Schifamondo (a te molto noto!) - è l'unico
ed irripetibile "SVA5 biposto" esistente, essendo il solo in assoluto, cioè quello
impiegato materialmente dal poeta abruzzese. Gli altri esemplari
vantati, sono semplici ed anonimi "SVA5 monoposto".
Così
come rimane altrettanto chiaro - a scanso di equivoci e giochi di prestigio
correnti; peraltro, con le scuse d'obbligo a chi è stato coinvolto troppo
entusiasticamente in quella artificiosa iniziativa
-, che le molte allusioni incrociate nel nome del D'Annunzio e del suo aereo,
non possono essere prese a puerile scusante, onde contraffare una realtà
dei fatti così solare e fotografica. Con
amicizia e stima: dal tuo, Pino Jubatti.
Vasto, li 26 agosto
2016.
(firmato) PINO IUBATTI
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