martedì 27 settembre 2016

Santo Patrono (2 di 3): nel 1657 inizia la costruzione della chiesa di San Michele


di Lino Spadaccini

Dai tempi dell’antica Histonium fino a tempi più recenti, Vasto ha avuto molti giorni infelici a causa di numerose calamità che hanno colpito la sua gente: terremoti, invasioni di cavallette, scoscendimenti di terreno, tifo petecchiale, morbo asiatico e peste bubbonica. Proprio quest’ultima calamità, nel 1657, infierì in tutta l’Italia meridionale e, in particolar modo, a Napoli, Foggia, S. Severo e Lucera, provocando circa quattrocentomila decessi.
Anche a Vasto, visto l’avvicinarsi del pericolo, si temeva per
le sorti delle famiglie, e si cominciò a pregare con fervore e devozione. Nel frattempo, all’Arcivescovo Sipontino, Giovanni Alfonso Puccinelli, all’alba del 22 settembre 1656, apparve, avvolto in una grande luce, l’Arcangelo Michele ad annunciargli che tutte le città che avrebbero posseduto una pietra della basilica di S. Michele del Gargano, sarebbero state preservate da tutti questi flagelli: "Sappiate, o Pastore di queste pecorelle, che Io sono l'Arcangelo Michele; ho impetrato dalla Ss.ma Trinità che, chiunque adopererà con devozione i sassi della mia Grotta, allontanerà dalle case, dalle città, e da qualunque luogo, la peste. Praticate e narrate a tutti la Grazia Divina. Voi benedirete i sassi, scolpendo su di essi il segno della Croce con il mio Nome".
Carlo De Vecchis di Casalanguida, vicario foraneo a Vasto, a nome dei cittadini vastesi, in segno di devozione e ringraziamento verso l'Arcangelo Michele, si adoperò verso il vicario generale di Chieti per ottenere l'autorizzazione ad erigere una cappella in suo onore. Ottenuto il benestare, il 19 marzo del 1657, il clero di S. Maria, accompagnato dalla Congrega del Gonfalone, guidata dal priore Francesco De Sanctis, e da tutto il popolo, andò a posare la prima pietra della chiesa. "Frattanto che dal Clero unito a’ Cittadini le Litanie maggiori si cantavano", ricordava lo storico Luigi Marchesani nella sua Storia di Vasto, "la Congrega in soddisfazion di voto promettea far celebrare nella nuova Chiesa la Messa cantata quando il dì festivo dell’Arcangelo veniva, le pietre fondamentali ed altri oggettini di devozione si ponevano".
Carlo Ignazio de Vecchis fu il primo a posare un mattone con sopra scolpita una croce e la sigla S.M.A., e dove era stata incastonata una pietruzza della basilica di S. Michele del Gargano, oltre una lamina di piombo "sulla quale leggevasi che in tal giorno, essendo Pontefice Alessandro VII, desso avea posta la prima pietra fondamentale già benedetta". Altri mattoni, con iscrizioni simili, vennero collocati da Giovanni Tomaso Francescone, Arciprete di S. Maria, dal Vice-Marchese Serafino Grandis di Serracapriola, e dal Mastrogiurato di Vasto Giovanni Coccione. In ultimo, il predicatore quaresimale Pietro da Lucera, cappuccino, rinchiuse nelle fondamenta molte medagliette benedette di diversi santi.
Il benefattore Francesco Crisci, mise a disposizione una parte del proprio terreno per permettere la costruzione della chiesa della "lunghezza di canne sei e la larghezza di canne cinque", di forma ottagonale, con una piccola piazza davanti e la facciata rivolta verso il Gargano.
Qualche anno più tardi, nel maggio del 1665, lo stesso Crisci donò un altro pezzo di terreno per permettere la costruzione della casa dell'eremita,oltre ad uno spazio da adibire ad orticello per l'eremita. Nell'ottobre del 1700, lo stesso benefattore concesse in enfiteusi un pezzo di terreno per permettere l'ampliamento della cella e della sagrestia.
Tre anni dopo la posa della prima pietra, Carlo Ignazio de Vecchi donò le due acquasantiere in pietra, ancora oggi visibili, murate ai lati dell'ingresso della chiesa. Su di esse è leggibile la seguente iscrizione:
EX DONO D. CAR. IG. DE VECCHYS. 1660.
Nel gennaio del 1668, come da atto del notaio Giuseppe Antonio Piccirilli di Vasto, il priore della chiesa di S. Michele, commissionò a Berardino Lalli, bravo artigiano di Castiglione Messer Marino, la realizzazione del capo altare. "Che esso Berardino Lalli", si legge nell'atto trascritto da Giovanni Schieda e pubblicato in Storia della Chiesa di S. Michele A. a Vasto, "debba fare un capo altare di legno per la chiesa suddetta del glorioso San Michele Arcangelo, con nicchia per la statua del suddetto glorioso San Michele Arcangelo, e con quattro colonne, come conforme al disegno consegnatoad esso mastro Berardino dal predetto Giuseppe Carlo Santillo, priore di detta chiesa, e per tutto il mese di maggio dell'anno corrente milleseicentosessantotto, con promessa a esso Berardino tutti i legnami, chiodi, e altre cose necessarie, e contro detto Giuseppe Carlo, priore, debba dare al predetto mastro Berardino".
Per la realizzazione dell'opera venne pattuito il compenso di 40 ducati. Inoltre, il priore dovette mettere a disposizione dell'artigiano, tre asini per il trasporto dell'opera dalla bottega alla chiesa.
Nell'atto non si fa menzione delle statue degli arcangeli, ma è ipotizzabile che anch'esse siano state realizzate dalla stessa mano.
La chiesa venne ultimata nel 1675, come riferisce l’iscrizione murata sopra la porta della chiesa, dettata da Giovanni Palma, a quel tempo segretario del Marchese d’Avalos:

MICHAELI
SVPREMO COELESTIS MILITIAE DVCI
SEXQVE ALIIS DEO ADSTANTIBVS HIERARCHIS
SPIRITIBVS
AMORE FERVIDIS
VIRTVTE POTENTIBVS
AVXILIO PROPINOVIS
DEBACCHIANTE CONTAGI INCOLVMES AC TERREMOTV
SERVATI
CIVES ISTONIENSES
TEMPLVM
E CONSPECTV GARGANI BASILICAE
BENE ACCEPTI STATVVNT
MONVMENTVM
ET PIETATIS POSTERIS IMITANDAE PONVNT
EXEMPLVM
M D C LXXV SALVTIS VOLVENTE ANNO
(A Michele, capo supremo della milizia celeste e gli altri sei Arcangeli, che sono all’immediato cospetto di Dio con fervente amore, prodigiosa potenza e accorrente soccorso, i Cittadini Vastesi, rimasti incolumi da furiosa epidemia e da terremoto innalzarono un tempio prospiciente la basilica del Gargano come monumento di animo grato e lo consegnano ai posteri come esempio di pietà da continuare nei secoli).

La grande frana del 1816, che interessò il costone orientale della città tra Porta Palazzo e San Michele, lesionò lievemente la cappella. I lavori di riparazione vennero appaltati alcuni anni più tardi, ma nel 1838 vennero demoliti i due altari laterali e innalzate due cappelle per sorreggere meglio il tetto e rinforzare le mura pericolanti. I lavori non sorbirono l'effetto desiderato, tanto che nel dicembre del 1848 l'architetto Nicola Maria Pietrocola propose un progetto di restauro: "L’indicata Cappella rurale di pianta ottagona irregolare della lungh. di palmi 47, largh. 37, ha un antico tetto a padiglione sorretto da due cavalli di ossature, i cui componenti troppo esili ed invecchiati, ed in parte marciti, minacciano una imminente ruina, tanto, che le cosce incurvate all’esterno, e perciò, perduta la dritta linea dell’espluviale, non gittano l’acqua alla gronda esterna, ma ne versano lo stillicidio in più siti dentro la Chiesa.Pria di aspettarne con indolenza il crollo totale, ch’esigerebbe la totale ricostruzione del tetto, conviene perciò restaurarlo col supplirvi due nuovi cavalli con tiranti, o corde, o cosce nuove; e servirsi de’ vecchi cavalli per i monachii ed i saettoni de’ due nuovi. Si decomporrà dunque l’attuale tetto, e supplitivi i due nuovi cavalli, si ricostruirà intero, surrogando nuovi panzongelli, etravincellia’ marciti, e riformandolo delle mancanti tegole, e degli embrici rotti". I lavori vennero approvati dal consiglio dei decurioni, presieduto dal sindaco Francesco Filoteo Spataro, eseguiti sotto l’amministrazione di Pietro Muzii e ultimati nel 1852.In questa fase, venne aggiunto l'avancorpo addossato alla facciata, con quattro colonne in mattoni ricoperto d'intonaco, mentre nella parte superiore venne ricavata la cantoria.
Il pavimento attuale, come testimoniato dalla decorazione ancora presente, risale al 1887.
Dopo ulteriori lavori effettuati nel corso del '900, tra il 2000 ed il 2001 si è proceduto ad un'attenta opera di restauro, che ha interessato sia  l'internoche l'esterno della chiesa, riportandola all'antico splendore di un tempo.
Chiudiamo con i versi dell'Inno all'Arcangelo Michele, che ancora oggi viene cantato con grande fervore dai fedeli nei giorni di festa:

O principe degli Angeli
Gloria di nostra fede
Con pura ed umile
Noi ci appressiamo a Te.
Dalle città, dai campi,
dalle lontane Americhe,
si levi un solo grido:
Evviva Sam Michel!

Tu nella vita proteggici
Tu insegnaci a morire
Ti offriamo i nostri palpiti
Tutto il nostro soffrir.
Gli Angeli Cherubini
Dall'alto in cor rispondono
Chini sul nostro mare:

Evviva San Michel!










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