venerdì 20 gennaio 2017

Domenico De Luca (1817-1881) patriota, avvocato, poeta

di Lino Spadaccini

Duecento anni fa, il 20 gennaio 1817, nasceva Domenico De Luca, patriota, avvocato e poeta.
Discendente da famiglia signorile, perseguitata nei moti reazionari del 1799, Domenico De Luca stesso, per i suoi ideali liberali era malvisto dal governo borbonico.Sorvegliato e perseguitato, nel 1854 venne arrestato, insieme ad altri illustri personaggi, quali Beniamino Mayo, Camillo Del Greco, Filippo Tiberi e Vincenzo Cardone, con l’ignobile quanto stupida accusa di diffusione del colera. "Nell’attuale ricorrenza del colera", scriveva in data 10 settembre 1854 il Sottintendente Mirelli di Vasto all’Ispettore di Polizia, "essendosi in questo capoluogo sparse voci di propinazione di veleno… fa
d’uopo procedersi all’immediato arresto dei più decisi attendibili, quelli noti per torbidezza, e simultanee perquisizioni, praticandosi altrettanto per coloro sul cui conto sorgessero sospetti. Quindi, anche in osservanza di prescrizione del sig. Intendente della Provincia, io, tenendo presente l’elenco dei sorvegliati per condotta politica, e l’occorso obbietto, le significo doversi tosto dare adempimento da parte sua a colpo sicuro ed a di lei responsabilità a quanto sopra a riguardo sei seguenti individui di questa città…".

Domenico De Luca riuscì a scappare ed evitare il carcere. I suoi compagni invece riuscirono a salvarsi grazie all’intervento provvidenziale del vastese Roberto Betti, membro della Consulta generale a Napoli, il quale, sollecitato da Silvio Ciccarone, in quel periodo a Napoli per motivi di salute, riuscì a far scarcerare i suoi concittadini dopo un mese di detenzione.
Nel 1861 Silvio Spaventa, che lo conosceva e lo stimava, lo volle nell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza, ma egli, trovatosi presto a disagio nel suo nuovo lavoro, l’abbandonò per tornare alla sua professione di avvocato.
Un suo fratello, Pietro, fu raffinato scrittore in versi. Di lui si ricorda soprattutto il poema eroicomico in ottava rima dal titolo I petroni e i Mariani, dove prende in giro le aspre lotte tra i capitoli di S. Pietro e S.Maria. Ecco la prima strofa:
Se altri ebbe il ticchio novellar d'imprese
Pescate nelle cronache d'amore,
Di cavalieri dal fatato arnese
O di donne bugiarde e senza onore,
Io canto, Istonio mia, l'alte contese
Dei figli tuoi, lo sdegno ed il furore,
Che trasser tanti pugni e sorgozzoni
Dai polsi dei Mariani e dei Petroni.
Di vena poetica spontanea, Domenico De Luca scrisse molti versi in lingua ed in vernacolo, oltre a lavori teatrali e commedie, tra le quali ricordiamo Giorgio Sander, dramma in 5 atti, Il parroco ed i bigotti, commedia in 4 atti, Una follia senile, commedia in tre atti, Un marito a prestito, commedia in 2 atti, Dopo dodici anni di un matrimonio per interesse, dramma in 4 atti, Saul, azione sacra in 2 parti, e Lorenzio e Rodrigo, libretto per musica in 2 atti.
Tutte le opere sono conservate presso l’Archivio Storico "G.Rossetti" di Vasto, grazie alla donazione effettuata del figlio Raffaele.
Della produzione dialettale conosciamo solo due sonetti, entrambi del 1870, pubblicati negli anni '20 suIl Vastese d’oltre Oceano. Il primo ‘Gnazie, modijje a chi lu chiacchiarone… è indirizzato ad un "arrabbiato clericale della nostra città", che dopo l’entrata degli Italiani a Roma, non riteneva possibile la coesistenza nella Capitale dell’autorità civile e di quella religiosa.
Il secondo, intitolato Nu scurdunate, racconta di un figlio piuttosto birichino che brucia i baffi alla madre Maria Vincenza, che veniva chiamatala baffuta.
Cannusce Marivingenze la baffute,
che sta di casa pi la ruvarelle?
Nu jurne, rende a la cavute,
si stave a ripizzà nu savanelle.
Passe lu fijje di frondapizzute,
chi ‘n gi tè pruprie sale a li cirvelle,
e nghi nu picciafèuche va e a la mute
li baffe abbrusce a chì la puvurelle.
Fihirite li strille e lu sfracasse:
li fijje e li nipute, la pulende,
la’sseno a la callare e vanne a basse.
Ma cullù, a vidè corre tanda gende,
tela a scappà… E canda sta darasse
si ferme e fa li corne a tutte quende.
Quelle di De Luca sono poesie molto semplici, scorrevoli e immediate. Oltre alle diverse poesie con tema sacro, molte sono quelle d'occasione scritte per amici o per personaggi in vista dell'epoca.
Della produzione in lingua trascriviamo una poesia dedicata alle donne, dove l'autore ripercorre i desideri che hanno nel corso della loro vita:
Ad anni nove, senza sale in testa,
La donna ama la pupa e il dì di festa.
Se poi a quindici anni ha un bel sembiante
Desia lo specchio ed il vestir galante.
Più delle vesti e dei divertimenti,
Un bel marito vuole ad anni venti.
Ma se a trent’anni resta ancor zitella,
Ama il rossetto per sembrar più bella.
E a cinquant’anni, senza pregi e vanti,
Corre alla chiesa per burlare i santi.




Domenico De Luca morì il 4 giugno 1881. Sepolto nel cimitero comunale di Vasto, sulla lapide si legge la seguente epigrafe:
A
DOMENICO DE LUCA
LA SUA DILETTISSIMA CONSORTE
VINCENZA MARINELLI INCONSOLABILE
POSE QUESTA PIETRA
E AI SUOI NOVE FIGLI RICORDERÀ SEMPRE
LE VIRTÙ DEL RIMPIANTO GENITORE
DOTTO E SOLERTE AVVOCATO
PER INTEGRITÀ IRREPRENSIBILE
MORALE COMMEDIOGRAFO INGEGNOSO
POETA FACILE SCRITTORE OTTIMO:
CITTADINO PATRIOTA
SOFFRÌ ANCHE LA NUOVA FORZA DEL DISPOTISMO
E NELLA RISORTA LIBERTÀ ITALIANA
FU DAL GOVERNO DEGNAMENTE
RIMUNERATO:
VISSE ANNI LXIV: MORÌ A DI 5 GIUGNO MDCCCLXXXI






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