FP D'Adamo |
L'argomento è "apparentemente" tragico. Il filo conduttore in realtà è l'ironia, mai banale, che porta ad una riflessione finale profonda: "Da una città sul mare si ha tempo di guardare l'orizzonte e… perfino pensare che dopo l'orizzonte c'è tanto altro.
Da
qualche settimana è disponibile in libreria l'ultimo libro di Francescopaolo
D'Adamo"Come suicidarsi in una città
sul mare".
Chi
pensa che il titolo sia solo d'effetto o
di richiamo per attirare l'attenzione
del lettore e vendere qualche copia in più, si sbaglia di grosso. Il libro è un
vero e proprio manuale sulle possibilità che offre una città "sul" mare
per compiere l'insano gesto, costruito su fatterelli che hanno
"insaporito" la propria esistenza e lo hanno portato più volte vicino
alla morte, o al suicidio (per dirla alla maniera di D'Adamo), raccontato con l'ironia
che contraddistingue da sempre l'autore.
E proprio questo è la forza del
volumetto: un testo scorrevole che si legge tutto d'un fiato, scritto in un
linguaggio corrente, decisamente ironico, pieno di riferimenti personali
accaduti a Vasto, anche se non viene mai chiaramente citata, snocciolati
attraverso un filo conduttore molto "particolare".
Già
dalle prime pagine, la mente torna alle pagine di capolavori della letteratura
romantica come "I dolori del giovane
Werther" di Goethe, oppurea "Le
ultime lettere di Jacopo Ortis" del Foscolo, oppure per avvicinarci ai
nostri giorni a "Piccoli suicidi tra
amici" di Arto Paasilinna, che racconta la storia di due aspiranti
suicidi, che casualmente scelgono lo stesso posto per togliersi la vita, ma
alla fine rinunciano e fondano un'associazione di aspiranti suicidi. Grazie al
successo della loro iniziativa, decidono di partire per un folle viaggio
attraverso mezza Europa. Alla fine l'ironia salva tutto ed il viaggio di morte
si trasforma in un viaggio di scoperta o riscoperta della bellezza della vita.
Così è anche il libro di Francescopaolo D'Adamo, dove, nonostante l'argomento "apparentemente" tragico, il filo conduttore in realtà è l'ironia, mai banale, che porta ad una riflessione finale profonda: "Da una città sul mare si ha tempo di guardare l'orizzonte e… perfino pensare che dopo l'orizzonte c'è tanto altro. Tanto di più di quello che riusciamo ad immaginare. Si può perfino pensare che l'orizzonte sia realmente una fine ma che dopo quella fine ci sia un nuovo inizio".
Così è anche il libro di Francescopaolo D'Adamo, dove, nonostante l'argomento "apparentemente" tragico, il filo conduttore in realtà è l'ironia, mai banale, che porta ad una riflessione finale profonda: "Da una città sul mare si ha tempo di guardare l'orizzonte e… perfino pensare che dopo l'orizzonte c'è tanto altro. Tanto di più di quello che riusciamo ad immaginare. Si può perfino pensare che l'orizzonte sia realmente una fine ma che dopo quella fine ci sia un nuovo inizio".
Un
breve pensiero D'Adamo lo rivolge anche alla recente moda del Blue Whale, lo
stupido gioco del suicido che ha fatto tante vittime tra gli adolescenti:
"Cari giovani sappiate che gli scemi
sono sempre esistiti e quindi è superfluo che cerchiate di dimostrare di
esserlo di più. È una sfida inutile. Provate a sfidare dando la prova di essere
intelligenti".
Dopo
essersi soffermato sulle differenze sostanziali tra una città "sul"
mare e una città "di" mare, e sulle differenti modalità di suicidio
nei due luoghi, l'autore analizza le tante varianti partendo dai ricordi
personali, utili ad "ispirare
l'aspirante suicida". Come ad esempio tuffarsi dal pontile e,nel
risalire, scivolare dalla vecchia scaletta arrugginita, oppure tuffarsi
indossando un pesante cappotto abbottonato per festeggiare l'esito dell'esame
di maturità, o gettarsi dalla barca in un giorno di maretta o di
"rivoltura", oppure tuffarsi sulla scia di un aliscafo. Ed ancora,
buttarsi da uno scoglio "ma bisogna
stare attenti in quanto ci si può far male e non morire", oppure, come
sciaguratamente tentato dall'autore, di lanciarsi con la moto verso una rupe e
frenare all'ultimo momento.
La
città "sul" mare, attraverso le sue bellezze naturali, offre tante
ispirazioni, ma anche motivi di riflessione contrastanti. "Continuando a passeggiare sul belvedere",
spiega l'autore,"lo sguardo del
suicida si perde nell'azzurro interrotto, questa volta, dai fiori degli
oleandri e dai vasi vandalizzati. Qui il pensiero si fa contrastante: si
desidera la propria morte o quella di chi ha sfregiato quel luogo?".
Questa domanda in realtà anticipa quello che (speriamo!) sia il sequel di
"Come suicidarsi…", ovvero
"Come commetter un omicidio in una
città sul mare", che riporta idealmente con la memoria alla
felicissima serie creata da Antonio Amurri nella metà degli anni '70, iniziata
con "Come ammazzare la moglie, e
perché", e terminata con "Come
ammazzare la suocera", pubblicatanel 1986.
Andato
letteralmente a ruba, le poche copie del volume ancora disponibili, possono
essere acquistate presso la Nuova Libreria in piazza Barbacani.
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