giovedì 17 settembre 2015

Personaggi: Tommaso Cordella (medico) e le sue battaglie per far riaprire l'Ospedale, chiuso nel 1919

Tra gli uomini illustri di Vasto merita un posto particolare Tommaso Cordella (1862 -1959), medico di "animo generoso e profondamente buono", "veramente l'ultimo rappresentante della classe professionale" vastese di fine '800. 
Benvoluto dalla popolazione, è stato medico condotto,  chirurgo presso l'Ospedale nei tempi in cui apparteneva alla "Congregazione di Carità del Vasto".


Questa è la sua biografia:

Tommaso Cordella nasce a Vasto alle 7 del 12 aprile 1862 da Federico ed Isabella Celano.
Dopo i primi anni trascorsi a Vasto, segue con la famiglia il padre a Chieti dove adempie la prima parte dell’iter
scolastico, completandolo, nel 1878, ad Ascoli Piceno.

Ottenuto il diploma superiore e rimasto nel frattempo orfano, segue la madre che si trasferisce a Napoli e s’iscrive alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “Federico II”. In tale ambito, il 9 gennaio 1884 partecipa al “Pellegrinaggio al Pantheon” degli studenti dell’Università di Napoli organizzato dal Gen. Materazzo, Presidente del Comizio Veterani 1848 - 49, in occasione del quale porta, scortato da due bidelli, la nuova bandiera universitaria. Nel 1885 scrive, nell’ambito dell’iniziativa lanciata dalla Biblioteca Popolare, due pubblicazioni rispettivamente su “I Microbi” ed i “Nani e Giganti”, edite a Napoli dalla Tipografia Editoriale dell’Indicatore Generale del Commercio.

Il 19 agosto 1887, a 25 anni, si laurea in Medicina e Chirurgia e nella stessa Università “Federico II” fa, fino al 1891, praticantato, prima quale Assistente Volontario, nella Clinica Traumatologica della Regia Università di Napoli e, successivamente, come Interno, nell’Istituto diretto dal Prof. Otto von Schròn, che al termine ne loda per iscritto “la grande professionalità non disgiunta da notevoli doti umane”.

Nei primi anni ’90, torna a Vasto per svolgere la propria attività medica. Si inserisce nella vita cittadina e, fra l’altro, viene nominato membro della Commissione Teatrale della città.

Il 30 maggio 1892, il Sindaco lo nomina “Medico Condotto per la Pubblica Sanità” con una retribuzione annua di 400 lire ed il successivo 3 giugno la “Congregazione di Carità del Vasto” lo assume quale Medico Chirurgo presso l’Ospedale Civico di Vasto. Nell’agosto 1893, gli viene assegnato per svolgervi l’opera in favore degli indigenti propria del medico condotto, il quartiere di S. Maria e le sue adiacenze. Nel settembre 1895 è costretto, per malattia, a dare le dimissioni dall’incarico presso l’Ospedale Civile di Vasto e si trasferisce, per curarsi, a Napoli e successivamente a Roma, presso l’abitazione della madre.

Torna a svolgere la propria attività presso il citato Ospedale il 2 settembre 1897 e l’anno successivo viene nominato Direttore dello stesso. Peraltro, la Commissione che gli aveva affidato la Direzione del nosocomio disattese le sue richieste finalizzate all’effettuazione di una profonda ristrutturazione dell’immobile in modo da migliorarne le precarie condizioni igieniche. Deluso da tale atteggiamento e nonostante le pressioni esercitate sulla sua persona dal Sindaco Nasci, il 20 dicembre 1898, presenta le dimissioni dall’incarico.

Benvoluto dalla popolazione per la sua incessante opera di medico rivolta soprattutto ai meno abbienti, il 1° agosto 1900, con 431 voti su 750, viene nominato Consigliere Comunale, incarico che svolgerà fino al febbraio 1901 quando presenta più volte le proprie dimissioni, infine accettate a malincuore dal Sindaco Luigi Nasci.

Il 18 dicembre 1900, sposa dopo un lungo fidanzamento, dovuto anche alla malattia, la Sig.na Rosa Celano, (Vasto, 28 novembre 1875 – Vasto, 21 agosto 1963), figlia di Francesco Paolo Celano e dalla loro unione nascono quattro figli.

Terminata l’esperienza “politica”, che gli toglieva troppo tempo a quella che considerava la sua vera missione e che poco si confaceva al suo carattere schivo e riservato, continua la propria opera di medico condotto soprattutto in favore dei meno abbienti. Nel gennaio 1903 viene nominato membro del Consiglio Provinciale di Sanità di Chieti per il triennio 1903-1905 e, successivamente, per quello 1907-1909. Le cronache dell’epoca riportano che fra le attività del nuovo incarico c’è stata anche quella di verificare a Roccamontepiano, per conto del Sotto-Prefetto, che le misure profilattiche prese per combattere alcuni casi di vaiolo fossero state efficaci.

Nel giugno 1913, gli viene concesso, in qualità di Medico Condotto, un aumento di stipendio pari a 500 lire (da Bollettino dei Sanitari della Provincia di Chieti) che va ad aggiungersi ai guadagni derivanti dalla libera professione svolta nell’ambulatorio di via Genova n.7.

 A partire dal maggio 1922 si rivolge più volte ai concittadini nel tentativo di chiarire la situazione esistente dopo che “nel 1919 il nosocomio cittadino era stato dismesso per insufficienza di mezzi finanziari e per mancanza di personale Sanitario”. Nel 1921 la Congrega della Carità, alla quale apparteneva l’ospedale, aveva deciso di riaprirlo affidandolo - a sorpresa - ad alcuni medici “non disinteressati” ed ignorando una precedente richiesta di affidamento da parte di altri medici, fra i quali lui stesso. A differenza dei prescelti, la proposta di questi ultimi non avrebbe comportato spese per la comunità ed avrebbe messo a diposizione della stessa “un notevole armamentario chirurgico ed un ricco corredo di apparecchi scientifici”.

Nel febbraio 1941, riceve dalla Direzione di Sanità del VII° Corpo d’Armata - nonostante la tarda età (79 anni) - il grado di Capitano e l’incarico di Capo Reparto di Medicina.

Nel giugno 1942, all’età di 80 anni, riprende a lavorare dopo un periodo di “depressione” - durato alcuni anni - legato sia al fattore età, sia allo stress seguito alle vicende belliche che avevano riguardato la citta di Vasto ed i suoi tre figli maschi, richiamati alle armi.

Muore a Vasto, il 15 novembre 1959 a 97 anni.

Il ricordo del Dott. Giuseppe Pietrocola
in memoria del Dott. Tommaso Cordella

      “In questo mese di novembre, che il rito antico assegna al culto dei morti, una nuova tomba si dischiude per accogliere le spoglie venerate di Tommaso Cordella. Io che ebbi occasione di conoscerlo nella sua maturità operosa e nella sua lunga vecchiezza, credo di interpretare con modestia, ma con commozione profonda, l’animo di tutti gli amici dei figli a cui mi uniscono i vincoli di una dimestichezza che risale agli anni felici e purtroppo ormai lontani dell’infanzia.
       Il Dott. Cordella – Don Tomass, come familiarmente lo chiamavamo – è veramente l’ultimo rappresentante della classe professionale vastese del secolo scorso. Egli rappresentò per oltre cinquant’anni l’unico chirurgo della nostra zona al quale ricorrevano con fiducia quanti avevano bisogno della sua opera, prima che della sua valentia professionale, alle doti eccelse di disinteresse e di bontà d’animo.
       Egli rappresentava l’epoca eroica della chirurgia in cui i principi moderni dell’asepsi venivano sacrificati alle necessità contingenti dell’operare con urgenza e nelle peggiori condizioni ambientali al solo scopo di soccorrere gli infermi e di dare ad essi, col dono supremo della salute, la speranza nei valori eterni della vita.
       La sua lunga vita è stata tutta un susseguirsi di episodi che egli amava rievocare talvolta, vincendo la naturale ritrosia del suo carattere, a cui dava sapore la sua bonomia un po’ ironica ed un po’ scontrosa, caratterizzata sempre da una pazienza, da una tolleranza e da un istintivo candore che provenivano da un animo generoso e profondamente buono.
       Dotato di un profondo buon senso, egli cercò sempre la dignità dell’esistenza nella nobiltà degli intenti, nel prestigio che gli dava il lavoro, nella riconoscenza dei beneficati, nel sorriso degli umili, nelle gioie della famiglia. Ma soprattutto ricordo di lui, proiettata al di là della vita terrena, quella incomparabile modestia che, in misura uguale al suo fervido ingegno, fu uno degli attributi del suo animo nobile e generoso. 
       La resistenza fisica gli permise di spegnersi a poco a poco, senza togliergli la lucidità mentale e gli concesse il trapasso dei giusti che hanno saputo misurare la forza e la consolazione di Nostro Signore.
       Ai figli ed ai nipoti che ricevono da Lui il retaggio incomparabile della sua vita e della sua opera, valga a consolarli, in quest’ora di sconforto, la certezza che il ricordo di quanti hanno conosciuto il loro padre e nonno, sarà sempre per loro motivo di orgoglio, ma soprattutto di incitamento a continuare, con l’esempio di tutta una sua vita, il cammino che ha luminosamente additato.
      E noi, pur adorando nel supremo distacco, l’amoroso disegno di Dio non possiamo che condividere la pena e l’afflizione dei famigliari unendoci a loro nel rimpianto e nella preghiera”.


DOCUMENTI PROVENIENTI DALL'ARCHIVIO DI GIUSEPPE CATANIA 

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